Ritardi nei pagamenti da parte della PA, Silvestrini: “Aziende al collasso, intervenga l’Ue”
Ora che Bruxelles ha deciso di riaprire il fascicolo sui ritardi dei pagamenti da parte della Pubblica Amministrazione (PA) nei confronti delle imprese, lo sterminato esercito di Pmi europee, quelle che contribuiscono per il 56% al prodotto interno lordo Ue, sono alla finestra per capire se questa sia veramente la volta buona. La proposta, ancora in itinere, fissa a 60 giorni il termine massimo dei pagamenti della PA. E’ solo il primo passo, ma è stato sufficiente ad alimentare nuove aspettative tra le Pmi italiane: le più colpite, a livello comunitario, da questa anomalia. Stando ai dati dell’indagine congiunturale della Cna, ancora nel primo trimestre 2010, il 59,6% delle imprese intervistate lamentavano un allungamento dei tempi di riscossione dei crediti commerciali. Le stesse che sono rimaste deluse dalla precedente direttiva, la 2000/35, la quale non ha avuto gli effetti auspicati. Anzi, in pratica, ha lasciato tutto inalterato come dimostrano i 186 giorni di attesa, oltre 6 mesi, ma si può arrivare anche a punte di 900 giorni, contro i 67 della media Ue. Ritardi che costano al sistema produttivo italiano circa 60 miliardi di euro l’anno, secondo le stime della Commissione Europea, e circa 30 miliardi l’anno, secondo il ministero dell’Economia. Una “guerra” di cifre che, nei fatti, assume un aspetto secondario per chi, ogni giorno, combatte in trincea per sopravvivere. Un argomento, quello dei ritardi, molto sentito dalla Cna che rappresenta un universo di 430.000 imprese artigiane e Pmi molte delle quali al collasso per l’aumento delle insolvenze. “La situazione italiana non aiuta ad essere ottimisti – ammette Sergio Silvestrini (nella foto), segretario generale della Cna – l’adozione della precedente direttiva europea, in materia di ritardi di pagamento, non è stata risolutiva perché non ha garantito con efficacia il rispetto dei termini stabiliti nei contratti. Quindi, un nuovo intervento da parte dell’Unione Europea diventa assolutamente necessario: soprattutto, per quanto riguarda l’Italia era e resta decisivo prevedere un automatismo delle tutele”. In verità, la vigente direttiva Ue prevede che le imprese debbano rivolgersi ad un giudice per ottenere il credito dovuto da parte del debitore. “Il problema è molto spinoso – sottolinea Silvestrini – Non ci vuole molto a capire che essere costretti a portare in giudizio il proprio cliente è un forte elemento deterrente, perché non solo segna la chiusura dei rapporti, ma sposta la risoluzione del conflitto su un piano giudiziario che, come è noto, è onerosissimo e lentissimo, al punto da far spesso rinunciare il creditore a far valere i propri diritti”. “In assenza di efficaci sanzioni – aggiunge il segretario generale della Cna – è difficile pensare che, con i tempi della giustizia italiana e vista la crisi della finanza pubblica, i debitori non si avvantaggino della comprensibile ritrosia delle piccole imprese a citare in giudizio clienti rilevanti per ottenere il pagamento gravato degli interessi legali, seppure maggiorati. Senza dubbio sarebbe auspicabile assicurare una procedura accelerata per il recupero del credito e l’impegno, contenuto nella direttiva in discussione, a prevedere che le organizzazioni rappresentative delle Pmi possano promuovere l’adozione di sistemi per la risoluzione delle controversie in via extragiudiziale. Ma tirando le somme, anche se siamo di fronte a elementi positivi, purtroppo siamo ancora lontani da una soluzione”. Lontani sono anche i tempi di approvazione della nuova direttiva Ue. Infatti è prevedibile che questa venga licenziata in autunno dal Consiglio e che diventi operativa non prima del 2012. “In attesa dell’entrata in vigore della nuova direttiva, che obbligherà a pagare entro un massimo di 60 giorni – annuncia Silvestrini – stiamo, da tempo, invitando il Governo ad accelerare lo sblocco dei debiti pregressi della Pubblica Amministrazione, consentendo ai privati di utilizzare questi crediti per pagare tasse, contributi e altri oneri dovuti allo Stato. E’ una sollecitazione che abbiamo rivolto anche la scorsa settimana al ministro Tremonti nel corso dell’incontro con la delegazione di Rete-Imprese Italia, sulla manovra correttiva. Inoltre vorremmo che l’Autorità della Concorrenza possa intervenire efficacemente in presenza di comportamenti che nuocciono all’ordinato funzionamento del mercato”. Oggi, alla luce dei dati sui tempi di pagamento alle Pmi, nel mirino finiscono anche le banche. “Di prassi le imprese già ottengono anticipazioni dalle banche sulle fatture – sottolinea Silvestrini – Purtroppo, i ritardi nei pagamenti, oltre a rappresentare un costo aggiuntivo per le imprese, spesso generano da parte degli istituti di credito una richiesta di rientro che può metterle in ginocchio. La difficoltà di incassare i crediti accentua la dipendenza delle imprese dal sistema bancario, e riduce la loro capacità di realizzare gli investimenti programmati per agganciare la ripresa economica. Anche per questo abbiamo lavorato per realizzare la moratoria dei debiti bancari, che prevedeva l’allungamento della scadenza degli anticipi a fronte di crediti commerciali, e stiamo lavorando per negoziare una proroga di quell’accordo, dal momento che la fase più critica della gestione finanziaria non è ancora superata”. Se lo scenario sul fronte pubblico è assai preoccupante, non lo è da meno la situazione sul fronte privato. “La crisi ha allungato le abitudini di pagamento anche tra privati – conclude Silvestrini – generando una pericolosa concatenazionale di effetti che finiscono per penalizzare gli elementi più piccoli e più fragili della catena produttiva. Il rallentamento dell’attività e le difficoltà di incassare i crediti maturati, sono quindi due cause fondamentali dell’aggravarsi del fenomeno che possono mettere a repentaglio l’esistenza stessa delle imprese che rischiano così di ‘morire’ di crediti”. (Affari&Finanza – La Repubblica 31/05/2010)
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