CNA: l’accesso al credito è il vero nodo per le Pmi

Andrea CapobassoCredito

“L’ indagine del Censis conferma ancora una volta la difficoltà che incontrano le piccole e medie imprese per finanziare la propria attività. Il tema delle garanzie che la CNA pone al centro della propria iniziativa fin dal primo giorno della crisi rappresenta ancora il nodo centrale per le piccole e medie imprese”. Lo ha affermato il segretario generale della CNA, Sergio Silvestrini, commentando i dati pubblicati nel “Diario della ristrutturazione del terziario” ad opera di Censis e Bcc. Lo studio evidenzia che la richiesta di garanzie reali da parte delle banche durante la crisi  ha registrato un vero e proprio boom: +34,8%, da giugno 2009 a giugno 2010.
“Il lavoro svolto dal sistema dei Confidi – ha proseguito Silvestrini – può contribuire a migliorare le condizioni del credito, ma la valutazione dei progetti delle imprese e del loro merito di credito non può che rimanere interamente in capo alle banche, che debbono adeguare la loro capacità alla difficile situazione economica che stiamo attraversando”. Le principali cause di questo ‘ingessamento’ del credito sono, secondo il rapporto del Censis, da ricercarsi “nella paura (non sappiamo ancora a che punto siamo del ciclo della crisi finanziaria e cosa ci riserva il futuro); poche idee innovative; una organizzazione che presenta ancora lacune da colmare; una normativa ancora farraginosa”. La reazione degli istituti di credito è, dice lo studio, l’emblema di una modernizzazione che procede “a singhiozzo”. La crisi ha impresso una brusca inversione di tendenza al trend delle banche a concentrarsi sul retail per diventare filiali leggere scollegate dal territorio: il tentativo successivo è stato opposto, ovvero quello di tentare il recupero di logiche locali. Ma, in questo “ritorno al territorio”, alla finanza è mancato il collegamento con la cultura globale e di settore. Ha fatto il resto poi il restringimento dell’autonomia delle filiali che ha portato a un ingolfamento decisionale, risolto solo dall’automatismo delle procedure: si è persa cioè – secondo l’analisi del Censis – l’abilità del saper fare credito, saper cioè selezionare i clienti, individuarne la capacità di fare reddito. Il 2010 doveva essere l’anno della ristrutturazione del terziario (circa due terzi degli occupati italiani) ma anche qui si è camminato a singhiozzo, dice il Diario Censis. Così, allo stato i servizi producono meno ricchezza di quello che potrebbero e il Pil “non tornerà a crescere in modo consistente finche la redditività del terziario non sarà più robusta”. E la strada è lunga: nell’ultima parte del 2010 il valore aggiunto del manifatturiero è cresciuto +4,3%, quello dei servizi appena +0,7. Ma il nodo centrale resta il brusco innalzamento in 12 mesi delle richieste di garanzie reali da portare per ottenere finanziamenti, a fronte di un sostanziale stallo dei fondi concessi, insomma il credit crunch tanto lamentato dalle imprese, soprattutto Pmi. Meglio hanno fatto, evidenzia ancora lo studio, le banche che in passato non avevano allentato il loro radicamento territoriale. Nell’ultimo anno la rete Bcc, Banche di creditocooperative, ha visto aumentare i suoi impieghi economici verso le imprese del 6,7%, contro un aumento dell’1,7% registrato dal sistema bancario complessivo.

Condividi